martedì 23 giugno 2015

Un telefono che ti cambia la vita

Domenica scorsa ero al supermercato, in coda alla cassa. Vicino a me, in fila, c'era una giovane donna, dai tratti asiatici. Aveva davanti al volto un iPhone, con aperta una videochiamata (Facetime o altro, non saprei).
Ho impiegato qualche secondo a capire cosa non mi quadrava della scena: da un lato il silenzio, perché lei non parlava e neppure dallo schermo usciva alcun suono. Dall'altro lato, il suo gesticolare.
Insomma, una ragazza sordomuta che, chissà, forse aveva chiamato casa per chiedere cos'altro serviva per la cena. Una cosa che noi facciamo spesso, senza pensare che, per alcuni, è una vera conquista.
Piccole cose che ti cambiano la vita.

mercoledì 27 maggio 2015

Nascondersi dietro una goccia

Dal 2 aprile di quest'anno i giudici italiani hanno un nuovo strumento. Di fronte ad un fatto "minore", possono dichiarare: "il fatto sussiste, l'imputato lo ha commesso, ma non merita di essere punito".
Tecnicamente, si chiama Non punibilità per particolare tenuità del fatto. La definizione potrà non brillare per chiarezza ma certo va molto peggio se si guarda alla sua interpretazione: quand'è che si può definire "particolarmente tenue" un fatto?
Sicuramente quando rubo una mela, una sola.
Sicuro?
Immaginiamo che la mela rubata da me sia la millesima - esageriamo, la decimillesima - che viene sottratta a quello stesso fruttivendolo.
Certo, io non rispondo delle colpe degli altri.
Però, immaginiamo che io sapessi, già da prima, di tutti gli altri furti e che il mio avrebbe potuto essere il colpo di grazia per quel fruttivendolo, ora costretto a chiudere.

Mi viene da pensare alla classica goccia che fa traboccare il vaso: le gocce sono tutte uguali, la prima come l'ultima. Ma se io aggiungo l'ultima sapendo che l'acqua è all'orlo e che il vaso traboccherà, non posso certo nascondermi... dietro la mia goccia.

giovedì 6 novembre 2014

Il cane da guardia del potere

Su Il Sole 24 ore di qualche giorno fa ho trovato un articolo introdotto da una citazione che riporto qui:
"Un giornalista politico può contare su circa millecinquecento lettori: i ministri e i sottosegretari (tutti), i parlamentari (parte), i dirigenti di partito, sindacalisti, alti prelati e qualche industriale che vuole mostrarsi informato. Il resto non conta, anche se il giornale  vende trecentomila copie... Tutto il sistema è organizzato sul rapporto tra il giornalista politico e quel gruppo di lettori privilegiati... È l'atmosfera delle recite in famiglia, con protagonisti che si conoscono sin dall'infanzia, si offrono a vicenda le battute, parlano una lingua allusiva e, anche quando si detestano, si vogliono bene" (Enzo Forcella, Millecinquecento lettori, "Tempo presente", giugno 1959).
Ho pensato alla definizione, spesso invocata, del giornalista quale cane da guardia del potere, che ho sempre trovato tipicamente italiana nella sua ambiguità: quel "del" significa "a difesa dal" o "a difesa del"?

mercoledì 17 aprile 2013

Favorisca i documenti

Dal "Verbale di perquisizione locale e contestuale sequestro":
"Iniziavano così le operazioni di perquisizione dell'appartamento in questione e all'interno vi erano presenti anche la signora __, il signor __ ed minore di anni 2 tale __ nato il __2010 a __. Quest'ultimo veniva sorpreso senza alcun tipo di documento di riconoscimento e non forniva alcuna giustificazione all'assenza dei precitati documenti".

(nella realtà, privo dei documenti non era "quest'ultimo" ma il precedente; tuttavia, con la sua scelta l'estensore del verbale ha voluto donarci un momento di buonumore)

giovedì 17 gennaio 2013

Giustizia (?) sportiva

Giusto processo, presunzione d'innocenza, diritto di difesa?
Sì certo, almeno sulla carta. A meno che tu non sia uno sportivo professionista, in particolare un calciatore.
In tal caso, infatti, i cosiddetti organi di giustizia sportiva sostengono che "per ritenere la responsabilità da parte del soggetto incolpato di una violazione disciplinare sportiva non è necessaria la certezza assoluta della commissione dell'illecito – certezza che, peraltro, nella maggior parte dei casi sarebbe una mera astrazione – né il superamento del ragionevole dubbio".
Insomma, anche se c'è un ragionevole dubbio che l'accusa sia falsa, intanto ti condannano.
E, per tutti, tu sei colpevole.
Poi non ci si deve stupire se qualcuno si rifiuta di chiamarla "giustizia sportiva"...

giovedì 13 dicembre 2012

Ok, il prezzo è giusto

Se, se, se...
Se un uomo viene imprigionato per aver espresso il proprio pensiero, ci sentiamo tutti meno liberi.
Ma se un uomo inventa un fatto, mai accaduto, e lo attribuisce falsamente ad un'altra persona, al solo scopo di denigrarla e di distruggerne la reputazione, siamo sicuri che sia la stessa cosa? Tra un'opinione e un fatto (inesistente), c'è una bella differenza.
Se poi quell'uomo può utilizzare i media, mentre la sua vittima no, si può parlare ancora di libertà di pensiero o piuttosto abuso di potere?
Se penso che quell'uomo si è rifiutato di correggere il proprio "errore", nonostante la legge glielo imponga, non riesco proprio a capire chi si scandalizza della punizione.

A meno che non si preferisca un mondo in cui chiunque possa denigrare il prossimo, purché paghi una somma di denaro predeterminata.
Che bella quella macchina del fango: quanto viene?