giovedì 6 novembre 2014

Il cane da guardia del potere

Su Il Sole 24 ore di qualche giorno fa ho trovato un articolo introdotto da una citazione che riporto qui:
"Un giornalista politico può contare su circa millecinquecento lettori: i ministri e i sottosegretari (tutti), i parlamentari (parte), i dirigenti di partito, sindacalisti, alti prelati e qualche industriale che vuole mostrarsi informato. Il resto non conta, anche se il giornale  vende trecentomila copie... Tutto il sistema è organizzato sul rapporto tra il giornalista politico e quel gruppo di lettori privilegiati... È l'atmosfera delle recite in famiglia, con protagonisti che si conoscono sin dall'infanzia, si offrono a vicenda le battute, parlano una lingua allusiva e, anche quando si detestano, si vogliono bene" (Enzo Forcella, Millecinquecento lettori, "Tempo presente", giugno 1959).
Ho pensato alla definizione, spesso invocata, del giornalista quale cane da guardia del potere, che ho sempre trovato tipicamente italiana nella sua ambiguità: quel "del" significa "a difesa dal" o "a difesa del"?